Intervista a cura di Carmine Marciano
In occasione di un convegno tenutosi all’Università La Sapienza di Roma, ho avuto il piacere di intervistare Giuseppe Sacco. Il prof. Sacco è psicologo e psicoterapeuta, nonché uno dei massimi esperti italiani in tema di Psicofisiologia e Biofeedback.
Ecco cosa ci siamo detti.
Indice
Come descriverebbe il Biofeedback, in poche parole?
Il Biofeedback è una procedura che consente di autoregolare, attraverso l’utilizzo di opportune apparecchiature, la risposta comportamentale ed emozionale dell’individuo migliorando o curando alcune patologie psicosomatiche e favorendo lo stato di salute. È oggi ampiamente utilizzato in numerosi Paesi occidentali.
Il Biofeedback è nato parecchi anni fa, però è ancora poco conosciuto. Come mai?
Purtroppo è ancora poco conosciuto in Italia, ma negli ultimi tempi si sta diffondendo sempre di più. Tuttavia ci sono ancora numerose resistenze dovute a diversi fattori. In primis, in ambito psicologico, abbiamo un problema culturale nei confronti di tutto ciò che può essere tecnologico. Da un lato, tendiamo ad accettare incondizionatamente ciò che arriva da Oltreoceano, dall’altra siamo molto resistenti a introdurre nuove terapie, specialmente facendo ricorso a strumentazioni. C’è da tenere in considerazione, inoltre, che il Biofeedback può essere utilizzato, in molti casi, come supporto alla terapia farmacologica, in altri casi circoscritti ma significativi, può sostituire l’impiego dissennato dei farmaci. E questo, per qualcuno, potrebbe non essere gradito.
Quali sono gli ambiti in cui il Biofeedback è risultato maggiormente efficace?
Si è presentato più efficace nel trattamento di:
- disturbi da Stress
- sintomi dei Disturbi d’Ansia (Attacchi di panico, Ansia Generalizzata, Disturbo post-Traumatico, ecc.)
- dolore cronico (cefalee, tensione muscolare, dolori cervicali e lombari, ecc.)
- forme di ipertensione essenziale, accompagnata spesso da tutta un’altra serie di problematiche
- ADHD e disturbi dell’apprendimento
- alcune forme di epilessia
Esistono, però, anche altri tipi di utilizzi di questi protocolli. Ad esempio la desensibilizzazione verso determinati stimoli, situazioni ansiogene, stimolazione dell’umore basso, assunzione eccessiva o carente di cibo e così via. Queste sono alcune delle principali applicazioni, anche se ce ne sono molte altre in via di sviluppo e di studio.
Chi può utilizzare il Biofeedback?
Può utilizzarlo chi ha la competenza necessaria e quindi le conoscenze di Psicofisiologia e di applicazione del Biofeedback. Mi sto battendo affinché lo utilizzino principalmente gli Psicologi. Credo, infatti, che l’utilizzo di queste procedure a supporto del trattamento delle Psicopatologie debba essere utilizzato principalmente dagli Psicologi e Psicoterapeuti di ogni orientamento: trattandosi di procedure evidence based gli interventi psicologici ne uscirebbero rafforzati da un punto di vista scientifico, rispondendo alle frequenti critiche di scarsa scientificità degli interventi stessi. Un ulteriore ambito di utilizzo del Biofeedback è quello dell’assessment e della prevenzione. In quest’ultimo caso, potrebbero utilizzarlo anche gli Psicologi non clinici che non hanno la specializzazione in Psicoterapia.
Cosa vorrebbe dire a chi potrebbe trarre dei benefici, ma è scettico nei confronti del Biofeedback?
La prima cosa che mi viene in mente è che facciano un tentativo. É una procedura che non ha effetti collaterali e non è invasiva Non richiede, inoltre, doti o abilità specifiche, se non l’essere disponibile a provarla.
Quale potrebbe essere il futuro del Biofeedback, considerando anche lo sviluppo delle nuove tecnologie?
Secondo il mio punto di vista ci sono delle ottime prospettive sull’utilizzo del Biofeedback. Già qualcosa si sta muovendo. In particolare, come già accennato, oltre all’ambito psicopatologico come procedure di supporto o di trattamento specifico, ricordiamo l’ambito preventivo, di educazione alla salute e alcuni nuovi settori da sviluppare, per esempio l’autoregolazione di stati emotivi come la rabbia, spesso alla base di numerosi comportamenti di rischio. Bisogna stare attenti, però, ai possibili pericoli in cui si potrebbe incappare. Ad esempio, l’eccessiva commercializzazione che tendiamo a fare di ogni cosa. Lo sviluppo tecnologico ci sta favorendo soprattutto attraverso l’implementazione di software sempre più precisi e performanti. Naturalmente dobbiamo sempre ricordare che prima della tecnologia – e di qualsiasi altra cosa – c’è l’etica professionale. I principi etici che ci guidano sono fondamentali, come il benessere del paziente e la nostra soddisfazione professionale molto legata all’efficacia degli interventi. Vorrei sottolineare anche un altro punto. Riagganciandomi alla domanda precedente, penso che questa possa essere una buona occasione per gli Psicologi per ampliare e allargare la loro professionalità con modelli che possono essere integrati con quelli medici, pur mantenendo una propria specificità. Torno a ripetere che avere un’autonomia d’intervento evidence-based, cioè basata sulla verifica dei risultati, può sicuramente rappresentare un punto di forza in più per gli Psicologi. Può potenziare e ampliare i loro interventi.
Il Biofeedback applicato al marketing. Serve a capire quali reazioni suscita un brand, un prodotto o un servizio. Cosa ne pensa?
Credo che sia un terreno abbastanza rischioso e delicato. Anche in quest’ambito penso che il Biofeedback possa trovare qualche applicazione, fermo restando, però, il muoversi sempre all’interno dei principi di etica professionale, che devono essere rigorosamente rispettati a maggior ragione in questi settori dove c’è la possibilità di manipolare le persone. Un utilizzo che possa essere corretto e trasparente e che non sia manipolativo, per aumentare la conoscenza del funzionamento delle persone e per migliorare i servizi alla persona, può probabilmente trovare un’applicazione, considerando anche che la nostra società è basata per la maggior parte sull’erogazione di questi servizi. Ribadisco ancora una volta che fondamentali restano i principi umani ed etici di fondo, altrimenti si rischia di creare una “giungla tecnologica” che potrebbe andare a colludere con pericolose e insostenibili “agenzie di manipolazione” che mettono al primo posto esclusivamente il loro tornaconto a svantaggio di quello degli utenti.
Il Biofeedback è senz’altro uno strumento tanto affascinante quanto ancora inesplorato; le sue potenzialità sono enormi, sia nel campo della riabilitazione/terapia che nel campo della diagnostica/assessment. Ci si augura che uno strumento di tale portata, dal momento che non ha alcun tipo di effetto collaterale, possa prendere sempre maggior piede nelle cultura scientifica, per allargare la conoscenza sul rapporto mente-corpo e, parallelamente, influire positivamente sulla salute di tutte le persone che possono trarne beneficio (un esempio su tutti, chi soffre di dolore cronico).
Identikit dell’intervistato
Giuseppe Sacco
Docente e supervisore in numerose Scuole Nazionali di Psicoterapia riconosciute dal MIUR, autore di 8 libri e oltre 60 pubblicazioni, è fondatore e presidente di Libra Associazione Scientifica. Psicologo e psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, è specializzato in Medicina Psicosomatica, Sessuologia, Tecniche di Social skills, comunicazione e addestramento affermativo, Tecniche di Rilassamento (Training Autogeno) e in Biofeedback.
Fino al 2011 è stato presso l’Istituto di Psicologia, la Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica, dell’Università degli Studi di Siena e successivamente presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche e del Comportamento della stessa Università, docente di Psicologia Generale e Clinica e Supervisore clinico, organizzatore e ricercatore del Laboratorio di Psicofisiologia Clinica, organizzatore e terapeuta del Servizio di Psicologia Clinica.
Docente e Supervisore dell’Associazione Italiana Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva, è membro del direttivo della Società Italiana di Medicina Psicosociale, collabora col Biofeedback Federation of Europe.