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Come prendere decisioni efficaci

Prendere decisioni efficaci è indispensabile per il nostro benessere quotidiano. Nel processo decisionale, dal punto di vista cognitivo, è molto importante sapere valutare correttamente lo sforzo e la ricompensa. Lo sforzo rappresenta la quantità di energia, tempo o risorse necessarie per compiere un’azione, mentre la ricompensa è il beneficio o il risultato positivo atteso da quell’azione. Bilanciare questi due aspetti aiuta a prendere decisioni che massimizzano i vantaggi ottenuti rispetto alle risorse investite.

Questo articolo esplora come il nostro cervello gestisce queste valutazioni e le implicazioni nei disturbi della motivazione, fornendo tecniche per migliorare il decision making.

Prendere decisioni efficaci significa adottare un processo decisionale che massimizza i risultati positivi minimizzando allo stesso tempo i rischi e gli errori. Una decisione efficace non si basa solo sull’intuizione o sulla rapidità con cui viene presa, ma anche su una valutazione ponderata delle informazioni disponibili, sull’analisi delle alternative e sulle conseguenze a breve e lungo termine. Coinvolge la capacità di considerare diverse prospettive, prevedere gli impatti delle decisioni e agire in modo strategico. In ambito personale e professionale, prendere decisioni efficaci è cruciale per raggiungere obiettivi, risolvere problemi e migliorare le prestazioni complessive. Una decisione efficace tiene conto anche del contesto in cui viene presa, dell’etica e dei valori che la guidano, assicurando così che le scelte siano non solo ottimali, ma anche sostenibili e responsabili.

Il cervello e il processo decisionale

Il cervello umano è un complesso sistema di circuiti neuronali che lavorano insieme per valutare le opzioni disponibili e prendere decisioni. Durante questo processo, diverse aree del cervello sono coinvolte in funzioni specifiche. Ad esempio, l’amigdala è responsabile della risposta emotiva, mentre il nucleo accumbens è legato alla ricompensa e alla gratificazione. La corteccia prefrontale, situata nella parte anteriore del cervello, integra queste informazioni per determinare la migliore linea d’azione.

Le decisioni sono influenzate da vari fattori, tra cui esperienze passate, stimoli presenti e aspettative future. Il cervello pesa questi fattori, spesso in modo inconscio, per calcolare il valore percepito di ogni opzione. Questo processo di valutazione è dinamico e può cambiare in base a nuove informazioni o cambiamenti nelle circostanze.

La corteccia prefrontale è la regione del cervello che svolge un ruolo centrale nella pianificazione, nel controllo delle funzioni esecutive e nella regolazione delle emozioni. Essa è cruciale per la capacità di prendere decisioni ponderate, in quanto analizza le conseguenze delle diverse scelte e valuta i possibili risultati.

Questa parte del cervello, infatti, è particolarmente attiva durante le situazioni che richiedono una valutazione complessa e ponderata, come decidere se accettare un nuovo lavoro o quale percorso di studio intraprendere. La corteccia prefrontale lavora in stretta collaborazione con altre aree del cervello, come il sistema limbico, che gestisce le emozioni, e il lobo parietale, che è coinvolto nella percezione spaziale e nell’attenzione.

La capacità della corteccia prefrontale di integrare queste informazioni diverse è fondamentale per un processo decisionale efficace. Essa valuta i pro e i contro di ogni opzione, considerando sia le ricompense immediate sia quelle a lungo termine, e aiuta a mantenere il focus sugli obiettivi a lungo termine nonostante le tentazioni a breve termine.

Perché è difficile prendere decisioni?

Prendere decisioni può essere complicato per diverse ragioni.

Spesso ci troviamo di fronte a un sovraccarico di informazioni, che può creare confusione e rendere difficile discernere i dettagli rilevanti. Allo stesso tempo, avere troppe poche informazioni può portare a decisioni mal informate.

Le emozioni giocano un ruolo significativo: la paura del fallimento, l’ansia e lo stress possono influenzare negativamente la nostra capacità di pensare chiaramente e prendere decisioni razionali. Inoltre, i bias cognitivi, come il bias di conferma o l’avversione alla perdita, possono distorcere il nostro giudizio.

Un altro ostacolo comune è la paralisi da analisi, dove l’eccessiva analisi delle opzioni disponibili può portare all’inazione. La paura delle conseguenze negative delle nostre scelte può paralizzarci, rendendo difficile prendere una decisione.

Per superare queste difficoltà, è utile limitare le opzioni a disposizione per semplificare il processo decisionale. Concentrarsi sulle informazioni essenziali e affidabili può aiutare a fare scelte più informate.

È inoltre importante accogliere e comprendere le emozioni associate alle decisioni per ridurre lo stress e l’ansia e prendere decisioni più vicine ai nostri valori.

Infine, essere consapevoli dei bias cognitivi e cercare di mitigarli può migliorare la qualità delle nostre decisioni.

Definire chiaramente gli obiettivi e le priorità può orientare meglio le nostre scelte, e consultare esperti o persone di fiducia può offrire nuove prospettive e informazioni utili. Non va dimenticato che ogni decisione comporta un certo grado di rischio ed incertezza ed è importante imparare a convivere con questa realtà. Con pratica e consapevolezza, possiamo migliorare significativamente la nostra capacità di prendere decisioni efficaci e soddisfacenti.

Disturbi della motivazione e presa di decisioni

I disturbi della motivazione, come la depressione, l’anedonia e l’apatia, hanno un impatto significativo sul processo decisionale. Questi disturbi possono ridurre la capacità di valutare correttamente lo sforzo necessario per raggiungere una ricompensa, alterando così il bilancio tra costi e benefici.

Ad esempio, una persona con depressione può percepire qualsiasi sforzo come eccessivo rispetto ai benefici attesi, portandola a evitare decisioni o azioni che richiedono impegno. Questo può causare una paralisi decisionale, dove anche scelte semplici diventano insormontabili.

Inoltre, i disturbi della motivazione possono compromettere la capacità di pianificazione e di fissare obiettivi a lungo termine. Le persone affette da questi disturbi spesso hanno difficoltà a provare piacere o interesse per attività che normalmente sarebbero gratificanti e ciò può ridurre ulteriormente la loro spinta a prendere decisioni proattive. La mancanza di motivazione può portare a una diminuzione della produttività e della qualità della vita, creando un circolo vizioso di inattività e ulteriore demotivazione.

Superare questi ostacoli richiede un approccio integrato, che può includere terapie cognitive-comportamentali, interventi farmacologici e strategie di gestione dello stress. È fondamentale riconoscere l’impatto dei disturbi della motivazione sul processo decisionale per sviluppare metodi efficaci che aiutino a migliorare la qualità delle decisioni e, di conseguenza, il benessere generale.

Valutazione dei costi e dei benefici: lo studio

Ogni azione che facciamo implica un costo in termini di energia fisica, ma gli studi sui processi decisionali finora si sono soffermati su come valutiamo i costi esterni (come i rischi o il tempo) ma non l’impegno fisico.

Essere restii a compiere sforzi è un aspetto caratteristico di alcuni disturbi neurologici e capire come il cervello processa le decisioni in cui bisogna valutare tra sforzo e ricompensa potrebbe portare ad una maggiore comprensione di tali condizioni.

In uno studio supportato dalla Welcome Trust e dal Consiglio Europeo della Ricerca, gli studiosi hanno deciso di verificare quali regioni del cervello sono coinvolte nella valutazione sforzo/ricompensa. Nella ricerca è stato chiesto a dei volontari, mentre venivano sottoposti a Risonanza Magnetica, di fare delle scelte che implicavano diversi livelli di ricompensa economica e di sforzo fisico. I risultati mostrano che le decisioni vengono influenzate da entrambi i fattori con una preferenza – com’era prevedibile – per le opzioni in cui si ottiene la ricompensa maggiore col minimo impegno.

I ricercatori hanno poi analizzato i dati per individuare le aree cerebrali coinvolte durante il processo decisionale. Il team ha scoperto un pattern di attività rilevante in tre aree diverse del cervello:

  • la valutazione dello sforzo attiva l’area motoria supplementare (SMA) ed il putamen;
  • la corteccia prefrontale ventromediale, si attiva nella valutazione della ricompensa,
  • il punto critico nel processo decisionale che implica uno sforzo fisico, avviene nella corteccia cingolata dorsale anteriore (dACC), dove viene codificata la differenza tra lo sforzo e la ricompensa come un valore unico, unendo quindi i risultati degli altri due circuiti neurali.

Non c’è, quindi, un solo sistema cerebrale di decisione, ma ce ne sono diversi che si combinano in modo flessibile in base al tipo di decisione che affrontiamo. Inoltre, i volontari dello studio hanno mostrato diverse sensibilità allo sforzo e anche diversi livelli di attività neurale, suggerendo che le persone possono avere differenti equilibri tra i loro sistemi di sforzo e ricompensa.

Questa ricerca offre un contributo alla comprensione di numerosi disturbi inclusa la depressione, l’apatia e i sintomi negativi della schizofrenia, disturbi in cui c’è una ridotta capacità di dedicarsi ad attività che richiedono un impegno al fine di ottenere una ricompensa.

Non possiamo inferire un legame di causa ed effetto e sono necessarie ulteriori ricerche ma è possibile che in questi disturbi ci sia un’importante mancanza di equilibrio tra i diversi sistemi di decisione. Questo spiegherebbe perchè queste persone evitano, più delle altre, di scegliere le opzioni che comportano un impegno maggiore.

 


Articolo originale (2016) di Francesca Pisacreta, psicologa. Integrato e aggiornato dalla Redazione.

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