La musica e altri suoni sono in grado di influire sull’umore e sulle emozioni. Questi effetti sono molto soggettivi e variabili da persona a persona. Un nuovo studio esplora la relazione tra musica e genetica per spiegare queste differenze.
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Musica e genetica, una relazione stretta
Gli effetti sullo stato d’animo e sulle emozioni che la musica ha in certi individui potrebbero essere geneticamente determinati dal meccanismo di regolazione della dopamina. Un nuovo studio di imaging condotto presso la Aarhus University, in collaborazione con l’Università di Helsinki e due ospedali italiani, ha infatti fornito la prima prova che gli effetti della musica – e più in generale del rumore – sulla fisiologia cerebrale e sul comportamento affettivo sono associati alla funzionalità dopaminergica, determinata dalla genetica.
Uno studio di Risonanza Magnetica Funzionale
38 soggetti sani sono stati sottoposti a Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI) durante un compito di elaborazione di volti emotivi, in associazione all’ascolto di musica o di un determinato rumore. L’umore – e la sua variazione – é stata valutato prima e dopo l’esame.
Stando ai risultati, una variazione genetica funzionale del recettore D2 modulerebbe l’impatto della musica sugli stati d’animo e sull’attività delle zone cerebrali prefrontali e striate. Nel dettaglio, gli individui con un certo genotipo (GG) hanno hanno mostrato un miglioramento dell’umore dopo l’esposizione alla musica; individui con un altro genotipo (GT) hanno subito un peggioramento dopo l’esposizione al rumore.
La componente genetica della reazione emotiva alla musica
Il nostro approccio ha permesso l’osservazione del legame tra geni e fenotipi tramite un vero e proprio percorso biologico che va da variazioni genetiche funzionali a comportamenti che sottendono la fisiologia del cervello. L’uso di questo approccio è particolarmente importante quando il comportamento indagato è complesso e variabile, perché questo significa che molti fattori biologici sono coinvolti. – Tiziana Quarto, dottoranda dell’Università di Helsinki, primo autore dello studio
Per le persone più lungimiranti, questi risultati sono molto promettenti: suggeriscono che anche un intervento non farmacologico come la musica potrebbe regolare l’umore e le risposte emotive sia a livello neuronale che comportamentale. Incoraggiano dunque la ricerca di interventi personalizzati basati sulla musica per il trattamento di disturbi cerebrali associati a disfunzioni dopaminergiche.
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