Un recentissimo studio pubblicato sulla rivista Translational Psychiatry mostra che i modelli di stimolazione dell’appetito in coloro che soffrono di anoressia e bulimia sarebbero invertiti. Lo scopo dello studio era quello di individuare i circuiti strutturali e funzionali del cervello per avere una visione biologica dell’anoressia e della bulimia. Le questioni indagate, dunque, sono state due:
- Come fa il cervello a regolare l’appetito e l’assunzione di cibo?
- Quali sono le ragioni neurologiche di chi mangia quando ha fame e di chi invece non lo fa?
Il ruolo dell’ipotalamo
La fame e la sazietà, così come anche il controllo dell’introito di cibo, sono regolati dall’ipotalamo. Tuttavia sembra che questa attività di “regolazione dell’assunzione di cibo” possa essere sopraffatta da segnali interferenti che arrivano da altre aree del cervello. I ricercatori hanno fatto delle scansioni cerebrali per esaminare come 26 donne sane – controlli – e 26 con anoressia o bulimia nervosa reagissero alla degustazione di una soluzione zuccherina e hanno scoperto che le partecipanti con disturbi alimentari presentavano diffuse alterazioni strutturali della sostanza bianca, ossia dei percorsi cerebrali che regolano il binomio gusto-ricompensa e la regolazione dell’appetito. Inoltre sono state trovate importanti differenze nel ruolo dell’ipotalamo: nelle donne sane, le aree del cervello che guidano la ricerca del cibo hanno preso indicazioni dall’ipotalamo stesso, mentre in coloro che avevano disturbi alimentari le connessioni dirette all’ipotalamo erano più deboli e la direzione delle informazioni andava in senso opposto. Come se in queste persone il cervello fosse in grado di ignorare l’ipotalamo e respingere le istruzioni a mangiare.
In conclusione
La letteratura ci dice che gli esseri umani sono programmati al momento della nascita ad apprezzare sapori dolci, ma le persone affette da disturbi alimentari evitano di mangiare i dolci per paura di ingrassare. Tale evitamento – secondo i ricercatori – potrebbe essere visto come una forma di comportamento appreso e in particolare come un condizionamento operante, in cui l’aumento di peso viene vissuto come una punizione. Di conseguenza questo apprendimento potrebbe modificare i circuiti cerebrali che regolano l’appetito e l’assunzione di cibo. I risultati di questo studio suggeriscono quindi che la paura di mangiare determinati alimenti potrebbe modificare meccanismi che regolano il binomio gusto-ricompensa nel cervello, cosa che, a sua volta, potrebbe ridurre l’azione dell’ipotalamo.
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